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Romanzi

Un Campari a Veracruz

Un gruppo di giovani donne scende con precauzione gli scalini, attorniate da tutto il resto. Hanno scarpe con i tacchi e devono scendere con cautela nella luce di un faro ridondante. A loro volta circondano una figura centrale. Che alla fine posa il piede sul molo, come se l’America non aspettasse che quel momento da cinquecento anni.

Una notte, nel porto di Veracruz, Yani, un sarto italiano, vede sbarcare da una grande nave una limousine bianca su cui sale una donna misteriosa che diventa il suo sogno e il suo tormento. La rincorrerà, grazie agli amici del Bar Mocambo, fino alla città degli zapotechi, sulla costa del Pacifico. Nel difficile percorso verso la meta, le notizie vere e quelle false si intrecciano con altre vicende dei clienti del Mocambo, e con le loro discussioni. Il lento disvelamento del mistero continua a Juchitán, nel profondo sud del Messico, lato Pacifico, una cittadina famosa per le sue donne che guidano la vita della comunità. Dopo tutte le ipotesi fatte nelle notti del Mocambo, la donna misteriosa si rivelerà essere la regina del profumo Camay. Ha girato per mesi le città delle Antille e della Florida con la limousine bianca per fare propaganda. Lei e Yani si incontrano e si riconoscono, cercano di spiegarsi la magia di quella notte a Veracruz. Sotto le lenzuola certi dettagli non hanno più importanza.


Il romanzo

L’idea di base è stata costruire un palcoscenico sul quale si alternassero molti personaggi, alcuni più definiti alcuni solo abbozzati, che andassero a costituire il fondale e le quinte dell’azione principale. Quasi presenze bidimensionali, come spesso capita ai cori operistici, per esempio.
Lo sviluppo della narrazione si basa su quattro diverse vicende o racconti che si intrecciano prima o poi nel corso del testo tra di loro e con il filo rosso generale.
Ci sono poi in particolare sei protagonisti che costituiscono il cast principale del romanzo, ciascuno dei quali viene via via messo a fuoco dalle luci di scena.

La Regina. Non è semplice essere una regina. Bisogna avere carisma, presenza, ambizione, lucidità, eleganza, senso della misura, statura morale, visione, senso dell’opportunità, cultura q.b., parole adatte, sorrisi variabili, silenzi pieni di significato, sicurezza, capacità di metamorfosi, fermezza, certezze, dubbi non espliciti, spregiudicatezza, fascino naturale. Oppure bisogna avere una limousine bianca.

La sartoria El Elegante di Veracruz ha una storia inconsueta che non si può riassumere in poche righe. Si può dire però che senza la sartoria e i vestiti da provare a casa dei clienti questo romanzo non sarebbe nemmeno cominciato.

Il Mocambo è una cantina, un’osteria piena di paradossi e surrealismo, nel centro di Oaxaca, in mezzo alla Sierra messicana. In genere, la sera al Mocambo è piacevolmente tranquilla: chiacchiere varie, ciascuna navigando intorno al proprio tavolino con tre, quattro bocche a bere, fumare e pronunciare parole. Ma improvvisamente può nascere una discussione appassionata che coinvolge tutti gli abitanti del locale, compresi quelli arrivati a metà della notte.
PS: e quella del Campari al Mocambo, nel mezzo della Sierra messicana, è una storia vera.

Il Campari, appunto. Non è semplice essere il Campari perché non c’è niente che possa avvicinarglisi senza rassegnarsi a una parte da comprimario. Erbe, alcool e altri espedienti alchimistici finiscono in quella essenza trasparente color rubino intenso che quando ci si guarda attraverso porta su un altro palcoscenico, sconosciuto e accogliente.

Più semplice è essere Camay, il bianco sapone per donna, puro e delicato. Camay nasce negli anni Venti, con il charleston, le gonne che si accorciano e le frange che si sollevano ballando. E non tramonta più, almeno fino a quando ci è dato sapere.

Ultimo ma non ultimo, Juchitán, con le sue strade ampie, le sue case, le sue donne vestite di abiti pieni di fiori, il suo mercato, qualche chiesa, cantinas, ristoranti. Insomma una cittadina messicana come tante altre, piatta com’è piatto l’istmo, un po’ scrostata qua e là, ma non troppo. Qualche automobile, un enorme canestro di frutta sulla testa di una donna dalle forme tornite, un carro trainato da due buoi che non ne hanno voglia, bambini che inevitabilmente si rincorrono, due cani idem. Juchitán de Zaragoza, dice il cartello, terra di Zapotechi, il “popolo delle nuvole”. Ma dietro al cartello c’è molto, molto altro. Juchitán e le sue donne appartengono a un continente non ancora esplorato del tutto.

Tutto comincia a Veracruz, dal balcone di un hotel affacciato sul porto. Una notte qualsiasi da una nave viene sbarcata sul molo più prossimo all’hotel una limousine bianca su cui sale una giovane donna molto elegante, anche lei scesa dalla nave. Il corteo della limousine con due macchine di scorta percorre lentamente il lungomare sotto l’hotel. Dal balcone, il nostro protagonista, Jonni, saluta come si saluta il passaggio di una regina. La limousine si ferma proprio davanti al monumentale ingresso dell’hotel. Il finestrino scende, la regina si sporge e ricambia il saluto. Tutto è perfettamente illuminato dalle luci dell’albergo. La regina gli sorride, Jonni ricambia a sua volta il sorriso. Dopo qualche minuto il corteo riparte.
Da qui si sviluppa il filo rosso di tutto il romanzo: la ricerca della limousine bianca e della regina. Partendo da Veracruz e dalla sartoria El Elegante, poi dal Mocambo. Perché al Mocambo si incontrano i personaggi con conoscenze e informazioni che possono essere decisive nella ricerca.
Ovviamente nel difficile percorso verso la meta, le notizie vere e quelle false si intrecciano con altre vicende dei clienti, e con le loro discussioni. Compresa la propria storia (italiana), che Jonni racconta al Mocambo come hanno fatto tutti i clienti prima di lui. Intanto il lento disvelamento del mistero viene seguito con grande partecipazione fino a un biglietto che chiude l’inchiesta: “Juchitán” c’è scritto.
E allora partenza per Juchitán, nel profondo sud del Messico pacifico, una cittadina famosa per le sue donne che guidano la vita della comunità a partire dal grande mercato. A Juchitán e dintorni sono le donne a gestire l’economia, la vita sociale, la cultura, le feste. Un’isola, tanto più isolata in una società come quella messicana che è culturalmente in caduta verticale da anni.
Dopo tutte le ipotesi fatte nelle notti del Mocambo si scoprirà che la nostra è la regina del profumo Camay, che ha girato per mesi le città delle Antille e della Florida con la limousine bianca per fare propaganda, come diceva lo slogan, alla saponetta “for beautiful women”. I due si incontrano, Perla e Jonni si riconoscono, cercano di spiegarsi la magia di quella notte a Veracruz, ma non importa. Sotto le lenzuola certi dettagli non hanno più importanza. Il finale non si racconta perché questa è solo una sinossi.

Post scriptum: con una sola eccezione, tutti i personaggi di questa vicenda sono reali, così come i luoghi, dalle città ai balconi. Invece non fate caso alla cronologia, alle situazioni, ai personaggi storici: anch’essi sono tutti reali ovviamente ma non necessariamente contemporanei tra loro. Fanno parte del teatro, delle chiacchiere, dell’atmosfera. Dove il tempo non è una variabile rigida, che siano gli Anni Settanta o gli Anni Ottanta o anche di più. Del resto il Messico dell’epoca che si racconta qui era uno straordinario Paese che badava più alle storie raccontate che alle enciclopedie.

Un Campari a Veracruz

Se mi trovassi a passare in uno dei tanti bar attorno all’hotel Emporio, sul malecon, il lungomare di fronte al porto di Veracruz, di sicuro ordinerei un margarita. Forse perché sono un tradizionalista. In Messico bevo margarita, come a Cuba un daiquiri o in Brasile la Caipirìnha. O semplicemente perché quel cocktail è un ricordo fresco, sapido e acido. Mi piaceva allineare i bicchieri. Di sicuro non mi verrebbe in mente Un Campari a Veracruz. Ci vuole una buona dose di anticonformismo e di fantasia per pensarlo. Del resto, Gianni Morelli di fantasia ne ha. Gianni, poi, anzi Jonni com’è chiamato e come si chiama il protagonista del romanzo, il Campari non lo beve solo in un bar sul malecon di Veracruz. Lo beve soprattutto in un posto ancor meno probabile. Lo beve a Oaxaca, “là sulla sierra”, al “Mocambo”, una cantina che sa tanto di Paolo Conte, E che probabilmente per Morelli designa ancora, come il termine portoghese originale, quelle abitazioni di fortuna che ospitavano gli uomini in fuga. Jonni, il Campari lo beve in tutto il viaggio di questo libro. “Non c’è magia più prodigiosa e dilettevole del viaggio che conduce dentro la realtà, dentro il corpo, nelle profondità dell’America… in America il surrealismo è naturale come la pioggia o la pazzia”, ha scritto Eduardo Galeano, uno di quegli scrittori e intellettuali che hanno trasformato il Sud America in una metafora delle azioni che vi accadono. E nel viaggio di questo libro c’è tutta la pazzia e il surrealismo dell’America latina. Che cosa può esserci di più surreale di un “Campari a Veracruz”? Di Campari, forse ne avrà bevuto di più in tanti bar milanesi, ma il surrealismo l’ha assorbito e respirato in decenni di frequentazioni sudamericane, negli anni in cui l’America latina era il campo dì guerre a bassa intensità, ribellioni, teologìe della liberazione, ecologie amazzoniche, sogni allucinati, terzomondismi. Era un altro mondo da esplorare per i giovani che partivano sognando “Easy Rider” e “Punto Zero”, Per quegli stessi giovani Morelli e un gruppo di amici della Cooperativa libraria universitaria del Politecnico di Milano avevano inventato le Guide Clup, un esperimento editoriale che definiva un’esperienza di viaggio “alternativa”, “impegnata”. Quando, sul finire negli anni Settanta, quegli aggettivi avevano un significato,
Ecco, dentro a questo Campari c’è tutta questa storia e tante altre che forse Jonni ha vissuto o sognato. Donne fatali che appaiono e spariscono. Avventure e disavventure di viaggio che chiunque abbia attraversato la Sierra, la montagna centro americana sotto la pioggia ricorda come un incubo esilarante. E sì un Campari ci si accompagna bene, come un margarita. Non uno Spritz, però
Massimo Morello
Il Foglio, 5 luglio 2023

Un Campari a Veracruz

In questo romanzo c’è tutta la magia e le atmosfere dell’America Latina, ci sono gli echi del realismo magico di Garcia Marquez, di Isabel Allende, di Sepulveda. Il tempo pare dilatarsi, e anche lo spazio perde ogni consistenza costrittiva, come nei sogni.
La narrazione assume i toni di una favola, in cui personaggi e situazioni si ripetono e moltiplicano in mille sfaccettature. Realtà e spazio onirico si fondono, e tuttavia le immagini appaiono al lettore sempre nitide, in colori e contorni accesi.
Altra caratteristica è la leggerezza dello stile, quella che Italo Calvino consigliava nelle sue Lezioni americane.
Francesco Dario Rossi
Docente di lettere e scrittura creativa, Sestri Levante

Milano, 29 marzo 2023, Grand Hotel et de Milan

Presentazione del romanzo. Dialoga con lo scrittore Maurizio Zottarelli

Presentazione del romanzo Con lo scrittore,  l’editore Mauro Morellini e Maurizio Zottarelli


I luoghi del libro

Festa a Juchitán de Zaragoza, Mexico (© Francisco Ramos)


Presentazioni del romanzo

Milano, 9 maggio 2023, presso LABÓ, viale Zara 9
Canzo, 22 agosto 2023, Biblioteca di Villa Meda

ukizero, LE MUSE, 25 luglio 2023. Intervista A Gianni Morelli, autore del romanzo “Un Campari A Veracruz

L’Auditorium Demetrio Stratos di Radio Popolare torna ad animarsi con una serata di Live Pop dedicata alla presentazione di “Un Campari a Veracruz” (Morellini Editore), il terzo romanzo di una trilogia latinoamericana curata dallo scrittore, viaggiatore, geografo e grande conoscitore dell’America Latina, Gianni Morelli. Un libro che racconta una bizzarra escursione nel cuore del Messico, un viaggio pregno di tutta la pazzia e del surrealismo dell’America latina.